È morto ieri, 3 novembre, all’ospedale Sant’Orsola di Bologna, Emilio Pasquini, professore emerito di Letteratura italiana. Lo ricordiamo con le parole commosse e piene di gratitudine della prof.ssa Sebastiana Nobili:
“Quando si dice che un grande studioso era un Maestro, di solito si intende dire che ha scritto saggi fondamentali, dando un contributo decisivo allo sviluppo di una disciplina. Ma Maestro è e dovrebbe essere, prima di tutto, un insegnante che nel parlare, e nello scrivere, si rivolge agli allievi; che quando studia – pure chiuso nella sua stanza – pensa per e con i suoi allievi: e questo è stato Emilio Pasquini, un professore che sapeva parlare e ascoltare, che anche nel pieno di una discussione di ordine scientifico non imponeva il suo punto di vista, ma ne ragionava con chi gli stava accanto.
Pasquini aveva un grande studio, nella sua casa di via della Fratta, che era come lui, le pareti piene di libri e però aperte verso l’esterno, con finestre da ogni lato per guardare fuori. Nel grande giardino, insieme alla moglie Fiorella e spesso ai figli Laura e Andrea con i tanti nipoti, accoglieva con semplicità amici e allievi, magari affettando prosciutto e formaggio, e sorridendo chiacchierava amabilmente di letteratura e di ogni altra cosa. Chi ha avuto la fortuna di fargli visita, o quella di seguire le sue lezioni all’università, ricorda la precisione con cui scandagliava i testi, filologo e storico della letteratura ma prima ancora della lingua, la sua attenzione alle singole parole, e la meraviglia che lo accompagnava sempre nel misurare la bellezza di certi autori e di certe pagine, come se spiegandole le scoprisse di nuovo per la prima volta. Appassionato com’era del suo mestiere, per alcuni anni aveva anche organizzato un seminario per i laureandi, che si incontravano settimanalmente con lui per discutere dei loro lavori, e quell’incontro era una lezione di metodo che il professore impartiva a ognuno, a beneficio di tutti. La passione e il calore di Emilio Pasquini si rivolgevano a tutti gli scrittori che amava, da Petrarca a Leopardi a Montale, ma era quando parlava di Dante che diventava di una chiarezza esemplare, con la competenza assoluta di chi ha dedicato a un autore la vita intera. E non cadeva mai nell’enfasi: l’ironia che lo contraddistingueva lo aveva portato negli ultimi anni a scherzare persino sulla propria fine, stringendo un patto semiserio con il suo cardiologo con il quale si era impegnato a vivere almeno fino al 2021, per celebrare un centenario dantesco che ora, senza di lui, sarà molto più triste.
Negli ultimi anni Pasquini citava spesso Machiavelli, e ripeteva che lo studio della letteratura è in fondo un dialogo con i morti, con i grandi del passato che hanno qualcosa da dirci: un incontro a distanza e non in presenza – parole che oggi siamo drammaticamente abituati a ripetere – eppure reale e vivo. Adesso che anche lui è dall’altra parte, sta a noi tenere acceso il dialogo con Emilio Pasquini, anche se non possiamo più incontrarlo da amici e da allievi: ma possiamo ancora leggerlo e ascoltarlo, continuando a sceglierlo come nostro Maestro.”.