e sempre di mirar faceasi accesa (Par. 33.99)
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Dante a Mezzogiorno

Francesco Panarelli, Dante a Mezzogiorno. Il Regno di Sicilia nella Commedia, Carocci ed., Roma 2024, pp. 112.

L’agile volume, nato in occasione delle iniziative per il settimo Centenario della morte di Dante, sviluppa un percorso di lettura poco frequentato all’interno dell’opera dantesca, quello del rapporto con il Regno di Sicilia. Dante non fu mai nel Mezzogiorno italiano, ma si confrontò con la realtà politica dei due Regni antagonisti che dal 1282 si dividevano quella parte dell’Italia trecentesca. I giudizi danteschi assumono un valore che va oltre lo specifico del testo e del pensiero dantesco, in ragione del peso che la sua opera ha poi avuto nella cultura e nella storiografia italiana. Tentando una operazione di sintesi diversa rispetto alla vasta e analitica bibliografia esistente, l’intento programmatico dell’Autore, storico del Mezzogiorno italiano, è quello di provare a ripercorrere il filo meridionale restando il più possibile all’interno dei testi danteschi, con l’obiettivo di far parlare in primo luogo Dante attraverso i suoi versi. Dopo aver fornito le coordinate essenziali nel primo capitolo (Tra biografia e bibliografia: questioni preliminari), nel capitolo successivo (Oltre la Commedia: il Regno di Sicilia nelle opere minori) si parte dai primi passaggi in cui il Mezzogiorno meridionale entra direttamente nella produzione dantesca; in particolare il passo nel De Vulgari (in parte ripreso nel Convivio) con il quale si celebrano le virtù di Federico II e di Manfredi, che sono all’origine della fortuna della cosiddetta Scuola Siciliana. Da questa esaltazione si passa alla Commedia, dove If X segna un brusco capovolgimento di giudizio, con la condanna agli inferi dello stesso Federico II. Il terzo capitolo (Inferno svevo) prosegue nel rilevare altri segnali sparsi nella prima cantica, da Pier della Vigna a Michele Scoto, che conducono ad un rafforzamento della valutazione negativa su Federico II e il suo mondo, mentre cominciano a delinearsi meglio i giudizi su Angioini e Altavilla, in particolare nell’elenco di battaglie inserito in If XXVIII, 1-21. E nel prosieguo della Commedia (cap. IV Purgatorio angioino) emerge sempre più l’ostilità di Dante nei confronti degli Angioini, solo apparentemente equiparati agli Aragonesi di Sicilia, ma irrimediabilmente bollati come mala pianta. Infine nell’ultimo capitolo (Il Paradiso degli Altavilla) si ripercorrono le più rade attestazioni nella terza cantica, dove si realizza la finale apoteosi dei più risalenti sovrani Altavilla. Nelle Conclusioni l’Autore propone convincenti ipotesi per spiegare il cambio di atteggiamento nei confronti di Federico II, connesso alle rinnovate posizioni di Dante sul ruolo dell’Impero, e la crescente rivalutazione degli Altavilla e degli altri Svevi, in funzione di una critica devastante nei confronti degli Angioini. Un percorso quindi coerente nella scrittura e nel pensiero dantesco, che restituisce l’opportuno rilievo al Regno e ai suoi sovrani.