Dante e il dantismo nelle Marche, a cura di Laura Melosi, Ilaria Cesaroni, Gioele Marozzi, Firenze, Leo S. Olschki, 2022 (Biblioteca dell’“Archivum Romanicum”. Serie I: Storia, Letteratura, Paleografia, 530).
In occasione delle celebrazioni per il settecentesimo anniversario della morte di Dante, ha preso forma l’intento di sondare l’eco della vicenda intellettuale e umana del Sommo Poeta nelle Marche. Presso l’Università di Macerata sono stati organizzati numerosi eventi culminati nel convegno Tra’ due liti d’Italia. Echi danteschi nelle Marche (Macerata, 18-19 novembre 2021), le cui evidenze hanno poi trovato una formalizzazione nel volume qui descritto, curato da Laura Melosi, Ilaria Cesaroni e Gioele Marozzi. Si tratta di una raccolta di quattordici saggi e sei testimonianze che contribuiscono finalmente a ridefinire l’opinione diffusa di un incontro soltanto sporadico di Dante con la realtà marchigiana e dimostrano come questa terra, nel tempo, si sia ampiamente nutrita dell’eredità dantesca.
Il volume è suddiviso in quattro sezioni, di cui tre distinte in base a un criterio cronologico e l’ultima riservata agli interventi di alcuni poeti marchigiani invitati a parlare del loro rapporto con la Commedia: L’età di Dante; Varia fortuna umanistica e rinascimentale; Dantismo Otto-Novecentesco; e Echi danteschi contemporanei.
Appartengono a L’età di Dante i contributi di Rino Caputo, Giuseppe Ledda, Matteo Maselli e Sara Ferrilli, accomunati dall’analisi diretta dei testi danteschi e della fortuna ottenuta da questi ultimi nella società del Trecento. Rino Caputo, nel saggio Il «paese guasto» e il «bel paese». Luoghi della Commedia. Alcune approssimazioni, propone una definizione del valore di “luogo” per Dante, suggerendo anche una lettura in parallelo tra il ‘paese guasto’ del fiorentino e la ‘waste land’ di Eliot. Dedicato alla scoperta e descrizione delle località delle Marche presenti nell’opera principale di Dante è lo scritto di Giuseppe Ledda Paesaggi marchigiani nella Commedia: geografia e poesia, mentre di argomento più spiccatamente filologico è il saggio di Matteo Maselli Sul Cod. Landiano 190: testimonianze storico-filologiche del più antico codice della Commedia. Versato sui temi della fortuna critica e della ricezione dantesca, invece, è Cecco d’Ascoli, Dante e le Marche: storia di un incontro mancato, di Sara Ferrilli, che ripercorre con numerosi esempi la presenza delle Marche nell’Acerba e l’influsso che quest’ultima, secondo alcuni critici, potrebbe aver avuto su specifici luoghi della Commedia.
Il primo saggio della sezione Varia fortuna umanistica e rinascimentale, intitolato Dante e i Malatesti nei commentatori del XIV e XV secolo, appartiene all’ambito storico e consente ad Anna Falcioni di tracciare il profilo di alcuni membri della famiglia Malatesti, particolarmente rappresentata da Dante nella sua opera. L’influenza del Sommo Poeta viene poi indagata da Silvia Fiaschi in “Dantem imbibi totum”: Gian Mario Filelfo interprete e biografo, che propone un approfondimento sul pensiero di Filelfo nei riguardi di Dante. Unico contributo a quattro mani accolto nel volume, La Commedia sui pulpiti osservanti nella Marca del Quattrocento di Gianluca Frenguelli e Letizia Pellegrini, pone le basi per un nuovo studio dedicato alla presenza (o assenza) del Sommo Poeta nei sermoni francescani. Manuela Martellini, in Dante nelle dispute accademico-linguistica del Cinquecento: tra difesa e opposizioni, sposta l’attenzione sulle differenze interpretative e di giudizio pronunciate nel sedicesimo secolo a proposito degli scritti danteschi.
La sezione Dantismo Otto-Novecentesco si apre con un saggio di Pantaleo Palmieri, Il dantismo della scuola classica emiliano-romagnola e marchigiana: Giovanni Marchetti, che affronta il tema della fortuna dantesca in generale e nei letterati del XIX secolo in particolare, collegandosi per epoca e localizzazione ai contenuti di Giulio Perticari storico della lingua italiana e dantista, di Alessio Cotugno, che invece indaga nel dettaglio la produzione dello scrittore romagnolo nell’ambito della dantistica. Laura Melosi e Ilaria Cesaroni, con i contributi intitolati rispettivamente Sul contesto del dantismo leopardiano e “Mise non so quanti pontefici e santi nel suo Inferno”: inferenze dantesche nelle corrispondenze di Monaldo Leopardi focalizzano l’attenzione sui membri di Casa Leopardi, individuando le tracce dantesche presenti nelle opere del Leopardi poeta, nelle abitudini epistolari della famiglia e sulle vicende che condussero determinati testi nella Biblioteca di Monaldo. Maria Valeria Dominioni, in “Quanto sta nel volto tuo scolpito”. Giulio Acquaticci cultore di Dante, introduce la figura di uno «studioso eclettico» che allestì una imponente collezione di opere dantesche, pubblicando inoltre in prima persona vari contributi; da ultimo Giulia Corsalini presenta Il contributo di Giovanni Mestica agli studi danteschi, dimostrando la pluralità di interessi coltivati dal letterato e politico marchigiano.
Chiudono il volume due ultime sezioni: quella già ricordata degli Echi danteschi contemporanei, introdotta da una premessa di Costanza Geddes da Filicaia che fornisce un breve profilo biografico dei «sei fra i più significativi esponenti dell’attuale panorama lirico legati, per cultura e per tradizioni, alle Marche»; e un cospicuo indice dei nomi, curato da Matteo Maselli, fondamentale per orientarsi tra le numerose personalità evocate nel testo.