Marco Grimaldi, Dante in dodici parole, Roma, Fila 37, 2023
Oggi siamo abituati a pensare a Dante come al “padre della lingua italiana”. Sappiamo infatti che il vocabolario fondamentale dell’italiano contemporaneo è in massima parte già presente nella Commedia e ci accorgiamo facilmente che il nostro linguaggio è straordinariamente vicino a quello di Dante, molto più di quanto il francese o l’inglese attuali siano simili alle lingue parlate in Francia e in Inghilterra nel Medioevo. Eppure, come Dante stesso scrive nel De vulgari eloquentia, «la lingua parlata da uno stesso popolo muta progressivamente nel corso dei tempi e non può rimanere in alcun modo uguale a sé stessa». Il linguaggio evolve perennemente, e a volte anche le parole di Dante – quelle parole che tutti abbiamo imparato a scuola – non hanno più lo stesso significato. In questo libro, attraverso dodici parole particolarmente rilevanti (Amore, Conoscenza, Donna, Io, Libertà, Mondo, Occhi, Parola, Peccato, Rima, Selva, Stelle), esplorando sia la Commedia sia le opere minori, Marco Grimaldi cerca di ricostruire una lunga storia di continuità e di fratture: che cosa significano amore, conoscenza e libertà per Dante? Come cambia il significato di queste parole? Cosa significano per noi? E in che misura Dante ha influenzato le nostre idee di libertà, di conoscenza e amore?
Grimaldi spiega innanzitutto il significato primario delle parole prescelte e illustra i passi delle più importanti opere dantesche in cui vengono impiegate. Ma ogni parola è un punto di partenza per molteplici indagini e approfondimenti: il rapporto tra letteratura e neuroscienze, l’importanza dei commenti per la lettura del le opere antiche e moderne, il modo in cui si parla di Dante sui social media (cap. 1: Amore), le rappresentazioni artistiche ispirate a Dante, il conflitto tra cultura scientifica e cultura umanistica (cap. 2: Conoscenza), l’immagine della donna nella cultura medievale e le contraddizioni degli studi di genere (cap. 3: Donna), la storia del romanzo in Italia (cap. 4: Io), la centralità di una prospettiva storiografica nell’insegnamento letterario e le celebrazioni dantesche del 1921 (cap. 5: Libertà), l’attesa dell’apocalisse, la percezione del futuro nel Medioevo e il realismo letterario (cap. 6: Mondo), la circolazione delle idee scientifiche ellenistiche (cap. 7: Occhi), l’evoluzione del poema allegorico e il nesso tra storia della lingua e filologia (cap. 8: Parola), la concezione del peccato nella letteratura medievale (cap. 9: Peccato), la storia dell’idea di poesia lirica in Europa (cap. 10: Rime), gli studi matematici e scientifici sulle opere dantesche (cap. 11: Selva), la fine del Medioevo e la nascita della modernità (cap. 12: Stelle). Inoltre, benché non sia propriamente un manuale, il lettore troverà molte pagine dedicate al contenuto, alla struttura e all’interpretazione delle opere di Dante e in appendice una breve biografia (a cura di Alessandro Pilosu) e la cronologia della vita e delle opere. Le note, poste alla fine, esplicitano le fonti delle citazioni e suggeriscono approfondimenti bibliografici.
L’idea che sta alla base del libro e che tiene assieme tutte le parole è semplice: nella trasmissione della cultura non c’è nulla di scontato, nessuna parola, nessuna idea, nessuna opera d’arte è destinata a durare in eterno. Per questo, scrive Grimaldi, è utile interrogarsi sulle fratture e sulla discontinuità, su ciò che muta e su ciò che si conserva e sulle ragioni per le quali Dante è irrimediabilmente lontano da noi e per le quali un giorno potremmo smettere di leggerlo.