Giorgio Masi, Dante inattuale. Studi sul testo e sulla fortuna della Commedia, Pisa, Pisa University Press, 2023 («Saggi e studi»).
La monografia parte dal presupposto – sottinteso al titolo apparentemente paradossale – che il capolavoro di Dante debba essere letto e “spiegato” non in base ai parametri culturali odierni, ossia evidenziando quanto esso abbia di attuale, bensì riconducendoci alla cultura e al contesto storico in cui il poema è stato concepito: è evidente come le convinzioni morali e filosofiche, gli ideali politici, il concetto di universo, persino la lingua e lo stile che caratterizzano la Divina Commedia siano profondamente diversi e lontani da quelli odierni, ma l’opera non ne risulta certo sminuita, né tali differenze vanno ovviamente ignorate, censurate o travisate.
Nella prima parte del volume, intitolata La Commedia di Dante e quella degli esegeti, si dà conto di come nel corso dei secoli sia stata spesso evidente la tentazione di fornire interpretazioni strumentali e anacronistiche di questo classico, sia da parte di grandi lettori, sia di commentatori meno noti: in quattro capitoli vengono contrapposte letture del testo rigorosamente iuxta propria principia (in particolare, di canti e terzine controverse nel V e nel XIII dell’Inferno e nel V del Purgatorio) a spiegazioni attualizzanti, fondate sui convincimenti e sui gusti dell’esegeta di turno, piuttosto che rispettose delle intenzioni dell’autore. Ci si sofferma sul significato del coinvolgimento del viator nel dramma dei “due cognati”, quindi sul senso da attribuire a tale dramma, sugli scopi didattico-morali del gioco di rispecchiamenti che caratterizza l’episodio e sul motivo dei travisamenti delle citazioni letterarie di Francesca; quindi ci si concentra sul «disdegnoso gusto» che indusse Pier della Vigna al gesto fatale, rinvenendone il movente non nella “psicologia” dei suicidi ma nella Summa Theologiæ di San Tommaso. Infine, nelle due celebri terzine fatte pronunciare alla Pia si sottolineano le caratteristiche di un linguaggio intriso di echi scritturali e si rileva l’importanza dei richiami intratestuali, messi in evidenza dalla simmetria, fra le protagoniste femminili dei quinti canti delle prime due cantiche.
La seconda parte del libro, Rivisitazioni dantesche fra Cinque e Seicento, è dedicata invece al rapporto fra tre figure di diversa levatura, ambito artistico e nazionalità (Michelangelo, Anton Francesco Doni e William Shakespeare) e l’opera dell’Alighieri. In questo caso l’appropriazione e la riscrittura del poema sacro, in quanto liberamente condotta sul piano creativo, ha esiti originali e in alcuni casi estremamente felici. Per l’autore del Giudizio Universale Dante rappresenta un ispiratore e un punto di riferimento costante, soprattutto in campo teologico (molto più dei presunti rapporti con la Riforma, qui messi in discussione). Per il Doni la Commedia fornisce materiale per un’opera singolare, a metà strada fra riscrittura in prosa e parodia, quali sono gli Inferni. Infine, si individua un testo di raccordo che consentì al Bardo di conoscere proprio il canto della Pia, fonte di ispirazione per celebri scene dell’Amleto.