Dante per tutti. Tempi, luoghi, culture. A cura di F. Grazzini, S. Pifferi, G. Santini, Pisa, ETS, 2022, pp. 184
Il Colloquio Dante per tutti. Tempi luoghi, culture si è tenuto presso il Dipartimento di Scienze Umanistiche e Comunicazione dell’ Università della Tuscia il 6-7 maggio 2021, animato da docenti dell’Ateneo viterbese, autorevoli studiosi di altre Università, dirigenti di istituzioni di ricerca e personalità del giornalismo civile. Il relativo volume di Atti, ora disponibile, chiarisce nella premessa la finalità sua e già dell’incontro. Da un lato si è trattato d’ inserire Viterbo nel flusso imponente di manifestazioni tenutesi ovunque per il settimo centenario dell’ Alighieri: la pagine introduttive ricordano, con richiami puntuali di passi della Commedia, che il Poema fa ripetuti riferimenti a luoghi, paesaggi, personalità, avvenimenti della Tuscia e del suo capoluogo. Dall’altro canto si è voluto evitare un ennesimo convegno tra specialisti esclusivi, cercando all’inverso di documentare come da secoli, a varie latitudini e con diversi paradigmi culturali, la personalità e l’opera dantesca riscuotano grande interesse in ambiti anche molto lontani dall’italianistica.
Il volume si apre con Giulio Ferroni, che torna su alcuni sentieri del suo L’Italia di Dante. Viaggio nel paese della “Commedia” (premio Viareggio-Saggistica 2020) per modificarne alcune immagini, ma insieme ribadendo la sua persuasione dell’urgenza del presente di preservare l’ambiente in una con la lingua dei poeti, strumento di evocazione degli spazi. Sono due i contributi propriamente riconducibili a questioni di storia letteraria nazionale. Paolo Marini riporta al modello morale dell’Alighieri la costituzione dell’io poetico ariostesco delle Satire: fin da Sat I, dove (vv. 19-21) la franca dichiarazione d’indisponibilità alla trasferta ungherese assegnatagli dagli Este si assimila al dire “a viso aperto” di Farinata (Inf X, v. 93), Ludovico trova nella Commedia modelli di magnanimità e profilature esistenziali, seguitandone una autoapplicazione nelle Satire IV e VI. Filippo Grazzini ragiona intorno alle mutazioni in atto nei processi di apprendimento dei più giovani, a scuola e fuori, concomitanti con la globalizzazione e l’istantaneità della comunicazione e la tendenziale obsolescenza della lingua letteraria nazionale; ne trae la previsione di un domani difficile per Dante e i suoi lettori, nonostante che un’analisi di passi scelti di Par. XVII, XXX e XXXIII evidenzi la straordinaria profondità e ricchezza d’implicazioni del concetto del futuro.
La paleografia, la storia dell’arte e quella delle idee accomunano tre interventi. Francesco M. Cardarelli, Primo Ricercatore del CNR e docente al DISUCOM, coglie in manoscritti miniati della Commedia l’evoluzione della concezione medievale della montagna, da luogo selvaggio a spazio di ascesi, riflessa nella costruzione del Purgatorio. Marcello Ciccuto, in veste di presidente della Società Dantesca Italiana, sosta su momenti rilevanti sulla resa visuale della Commedia nei primi secoli della sua ricezione artistica e rende conto dell’impegno della Dantesca in questo ambito di studi. Silvia Maddalo valorizza il senso interpretativo, nel riflesso della mentalità fiorentina di fine Quattrocento, di disegni botticelliani dell’Inferno, anche in riferimento a particolarità codicologiche d’ impostazione del rapporto testo-immagine.
Ela Filippone scrive sull’anonimo racconto, forse elaborato tra il sec. IX e il X, dell’attraversamento dell’Aldilà compiuto da Ardā Wīrāz, sacerdote zoroastriano; lo pone allo specchio del Libro della scala (latinizzato nel 1264); considera che anche quest’ ultimo, pur non accreditabile di uno status fattuale di avantesto del poema dantesco, indica meccanismi di contaminazioni interculturali. Giovanna Santini esamina criteri di selezione di trovatori, trovieri e poeti volgari operati da Dante nel De vulgari per l’elezione di testi esemplari nei diversi ambiti tematico-stilistici. Valerio Viviani, anglista, qui in veste di fiorentino mordace, nega credibilità al messaggio religioso del sacrato poema, però riconosce, sulla scorta di autori antichi e moderni, la funzione del fingere propria dei poeti. Stefano Pifferi indaga sugli itinerari di viaggiatori stranieri in Italia da metà Ottocento sulle orme di Dante, e sulle loro scritture, ora emotive ora funzionali a raccolte di dati per l’allestimento di guide: queste ultime sono riscontrabili con compilazioni geo-topografiche italiane negli anni dell’Unità, che sovrappongono la personalità dantesca al motivo identitario nazionale. In dialettica con questi contributi, comunque riconducibili a una matrice umanistica, si pongono le pagine di Antonino Scarelli, che offre una campionatura delle conoscenze geometriche, logiche e matematiche dell’Alighieri, produttive di senso anche figurato e costituenti il presupposto della percezione dantesca del dato trascendente del π nell’umanamente non comprensibile quadratura del cerchio.
Le multiformi espressioni del Moderno ispirate al Divino Poeta si colgono in altri interventi. Giovanna Tosatti si sofferma su disposizioni educative, iniziative culturali e monumenti in cui si sostanzia l’appropriazione fascista di Dante. Al di là di Osip Mandel’štam, e della sua Conversazione su Dante, Raffaele Caldarelli trova in Iosif Brodskij esiti originali della fortuna dell’Alighieri nella letteratura russa novecentesca; Giacomo Nencioni riflette sui vari tentativi del cinema dei primi anni di portare sullo scherno l’episodio di Paolo e Francesca, con problemi di transcodificazione parola-immagine e difficoltà produttive. Mauro Petruzziello considera come le reintepretazioni sceniche della Commedia di un teatrante affermato quale Romeo Castellucci, oltre al merito di fare dell’irrealizzabile una ragione programmatica del nuovo teatro, possiedono una coerenza interna e reclamano una nuova soggettività.
Nel finale del libro il dibattito si estende al problema della ricchezza e dell’indigenza nei paradigmi etici del Duecento e dell’oggi. i docenti del Disucom dialogano con Ferruccio de Bortoli, a lungo direttore del “Corriere” e del “Sole 24-Ore” e osservatore delle più diverse dinamiche dell’economia, della finanza e dei mercati. Si conviene che l’avversione assoluta di Dante per il “maladetto fiore” e per la produzione di denaro con il denaro riflette una morale cristiana medievale mal conciliabile con il nostro tempo: come di Dante sono lontani da noi il credo imperiale, l’insofferenza per il pluralismo religioso, la concezione limitante della donna, un sapere della natura che ha poco o nulla di scientifico. Se è sicura l’inattualità dell’Alighieri, sono però universali il suo messaggio di coerenza personale, la sua dedizione al sapere e allo scrivere, la sua fecondità in tanti settori della cultura.