Francesco Ciabattoni, Dante’s Performance: Dance, Music, and Drama in the Commedia, Berlin: De Gruyter, 2024.
Nella dottrina cristiana, la Parola — il logos parlato, il suono della voce di Dio — è alla radice della creazione dell’universo e la trasmissione e l’esecuzione orale del testo, poetico o liturgico, erano al centro della vita umana nel Medioevo. Ogni lettore medievale era anche spettatore di performance orali e teatrali e la nuova monografia di Francesco Ciabattoni esplora, sulla scorta di studi filologici e culturali (Zumthor, Howard Green, LeGoff, Gurevich, Treitler, Schmitt), il testo della Commedia dantesca come punto d’incontro di una tradizione letteraria arricchita dal recupero dell’esperienza spettatoriale. L’autore ricostruisce il contesto storico e culturale dei passi del poema in cui sono descritte musica, danza, o drammaturgia. Poiché la Commedia è pervasa di riferimenti a drammi liturgici, diableries, spettacoli di strada, inni ecclesiastici, salmi, laudi e processioni cittadine, Dante’s Performance — scaricabile gratuitamente dal sito di De Gruyter — permette al lettore moderno di rientrare in una dimensione spettatoriale oggi perduta, ma che condiziona la comprensione del testo.
Sebbene Ciabattoni avverta che raramente si può identificare un testo o un evento specifico come fonte diretta per la poesia di Dante, i luoghi dell’interpretazione testuale sono sempre supportati dall’analisi filologica. Un esempio è il recupero di una possibile reminiscenza, nell’episodio di Farinata, di un dramma liturgico della Passione di un manoscritto abruzzese (p. 83); analogamente, Ciabattoni rintraccia il contesto popolare, storico e testuale della zuffa dei diavoli (Inf. XXI-XXII) espandendo i discorsi critici di Pirandello, Spitzer, Picone, Borsellino; identifica e discute le fonti degli episodi dei due Montefeltro (Inf. XVII e Purg. V) nel genere del Contrasto (pp. 86 e segg.) e nelle laudi francescane, avvalendosi sia di studi ormai divenuti classici sia nuovi (D’Ancona, Bakhtin, Cornagliotti, Pizzimento). O ancora, la menzione dell’organo nelle parole di Cacciaguida (Par. XVII.43-35) ricondotta alla pratica polifonica (organum) grazie a un confronto intertestuale con Jacques de Lièges e Marchetto da Padova (pp. 222-3), che continua e completa un precedente studio dell’autore (Dante’s Journey to Polyphony, Toronto, 2010) nel quale si dimostrava che gli “organi” di Purg, IX, 144 sono invece da leggere come lo strumento a canne già in uso a Firenze almeno dal 1299. Dal punto di vista ermeneutico, poi, Ciabattoni legge il Paradiso seguendo le rotte tracciate da dantisti eminenti come Casadei, Barolini e Ascoli: l’ineffabile divino necessita di campi metaforici atti alla rappresentazione poetica del metafisico celeste, problema che Dante affronta attraverso la raffigurazione dinamica della performance.
Il libro fa dunque buon uso degli strumenti filologici e storici indagando i sottostrati di un testo che, pur presentandosi come continuativo e anzi fondativo della tradizione scritta, accoglie suggestioni orali, rituali e performative, incorporandole—argomenta Ciabattoni—nel poema sacro attraverso la mimesi delle arti. Sono questi i parametri che Dante’s Performance si propone di ampliare e ricalibrare, con uno sguardo di ampio respiro alle arti imitate nel linguaggio poetico, ciò che Zumthor, definiva la finalité performancielle dell’opera letteraria medievale.