Federico Rossi, Il sogno di Scipione e la visione di Dante. Dalla tradizione di Macrobio alla Commedia, Ravenna, Longo, 2024 («Memoria del tempo», 88).
La conoscenza dantesca delle opere di Macrobio – Commentarii in Somnium Scipionis e Saturnalia – è ancora oggetto di discussione da parte della critica, nonostante la loro vasta impronta sulla cultura medievale; i possibili punti di contatto tra i due autori, infatti, non sono mai stati discussi in maniera filologicamente fondata. Il volume si propone di indagare tale influenza alla luce della circolazione manoscritta delle opere macrobiane: lo studio dei testimoni italiani per origine o per circolazione permette di ricostruirne la diffusione e la fruizione; glosse, introduzioni e, talvolta, apparati illustrativi ci informano sulle modalità di lettura di questi testi, che variarono progressivamente nel corso dei secoli. I Commentarii, intesi dapprima come fonte filosofica e astronomica, furono quindi letti come trattazione sulla giustizia; è stato possibile tracciarne la presenza in alcuni specifici contesti, quali la biblioteca del convento fiorentino di Santa Croce e la Padova che raccolse l’eredità di Petrarca.
Proprio in base ai concreti segni portati dai manoscritti si può ricostruire una lettura in parallelo del Somnium Scipionis, sempre accompagnato dal commento di Macrobio, e della Consolatio di Boezio: fu probabilmente questa congiunzione a portare l’opera macrobiana sotto gli occhi di Dante. Diventa quindi possibile sostenere in modo fondato l’influenza dei Commentarii su numerosi luoghi della Commedia, fra cui in particolare l’invettiva di Oderisi (Purg. XI), la profezia di Cacciaguida (Par. XVII) e le due contemplazioni della terra dall’alto (Par. XXII e XXVII). Ciò non determina di necessità l’espunzione di altri modelli tradizionalmente individuati dalla critica: il tentativo è invece di integrare le diverse fonti possibili all’interno di una costellazione di testi storicamente plausibile. Un approfondimento è dedicato anche alla trattazione macrobiana sulle fabulae, letta con grande attenzione in epoca medievale; la ricostruzione delle norme retoriche dedotte dal testo di Macrobio serve, in questo caso, soprattutto a prendere atto dell’eccezionalità, rispetto a questo orizzonte d’attesa, del rivoluzionario poema dantesco.
Diversa è la situazione per i Saturnalia, di cui all’epoca di Dante circolavano in Italia soltanto copie parziali, limitate ai libri I-III e VII; in mancanza dei libri centrali dell’opera, che varcarono nuovamente le Alpi solo al tempo di Petrarca, diventava impossibile recepire la trattazione macrobiana sulla poesia di Virgilio, spesso evocata dalla critica in rapporto alla Commedia; il riferimento all’Eneide come sacrum poema inserito nel primo libro dei Saturnalia risultava inoltre fortemente depotenziato, per cui appare poco probabile che esso sia alla base della definizione dantesca della Commedia come «poema sacro» (Par. XXV, 1). Il volume si chiude con l’edizione di tutti gli accessus ad Macrobium censiti in area italiana fra XI e XIV secolo.