Raffaele Pinto, Pensiero e modernità in Dante. Filosofia, politica, linguaggio, Longo, 2024.
Punto d’arrivo di una ricerca trentennale (iniziata nel 1994 con un volume recentemente ripubblicato da Garnier: Dante e le origini della cultura letteraria moderna), questa raccolta di saggi (parzialmente già apparsi in riviste o miscellanee, e qui rimaneggiati) parte dalla frattura che nella storia del pensiero di Dante rappresentò la polemica di Cavalcanti contro la Vita nuova, in Donna me prega, inducendolo a venir meno, negli anni fiorentini, alla promessa così solennemente formulata alla fine del libello, circa una nuova opera già in cantiere su Beatrice, e ad intraprendere, anzi, una sperimentazione, tematica e formale, che va nella direzione opposta allo stilnovismo beatriciano (ossia il mito della “pargoletta-pietra”). Dopo l’Introduzione, che ricostruisce i motivi di tale polemica, 18 articoli, divisi in 3 sezioni, descrivono una mappa del percorso poetico-filosofico di Dante successivo a Donna me prega. In essa vengono distinte tre linee di pensiero: quella in senso stretto filosofica, che si snoda attraverso le canzoni scritte dopo la Vita nuova e prima dell’esilio (sono analizzate, in particolare, Amor che movi tua vertù dal cielo e Le dolci rime d’amor ch’io solea), e che culmina nel biennio filosofico 1304-1306, con la composizione dei due trattati incompiuti, dei quali viene proposta una lettura, ed auspicata una edizione, che tengano conto della cronologia redazionale delle diverse parti delle due opere; poi quella della dottrina politica, in particolare la teoria monarchica, dalla originaria formulazione, nel IV Trattato del Convivio, fino alle sintesi definitive della Monarchia e del Paradiso; e infine quella del pensiero linguistico, che, ruotando intorno al concetto di lingua materna, porta Dante innanzitutto a intuire le caratteristiche strutturali dell’italiano nel suo organico rapporto con i dialetti, e poi a superare il concetto di lingua nazionale attraverso la messa a fuoco presaussuriana della nozione di ‘arbitrarietà’ (il placitum del De Vulgari e il piacere uman del Paradiso). Legano metodologicamente tali percorsi di pensiero il punto iniziale, ossia Aristotele, creativamente rivisitato in tutte le sue declinazioni medievali, da quella moderata (o tomista) a quella radicale (dell’averroismo latino), passando per quella neoplatonica (del Liber De Causis), e il punto d’arrivo, ossia la nitida acquisizione di una prospettiva che non solo è moderna nella sua configurazione ideologica (ed anzi resa disponible, attraverso la sua riscrittura poetica, anche ad una fruizione non intellettualistica, o naïf); essa apre, infatti, ipotesi inedite (nel tempo di Dante come nel nostro) su ciò che debba intendersi per ‘modernità’, la quale deve al poeta molto più di quanto la filologia sia, quasi sempre, disposta ad ammettere. Nella Appendice, tali ipotesi vengono proiettate nel nostro immediato presente, letterario e politico, attraverso una proposta di unificazione dell’insegnamento della letteratura nella Unione Europea, una unificazione necessaria se si vuole dare al progetto europeo un solido e ampiamente diffuso fondamento motivazionale, ossia un respiro ideale di cui esso è oggi drammaticamente privo.
Per l’immagine: Anne&PatrickPoirier, Purgatoire, 2020. Courtesy gli artisti e Galleria Fumagalli. ©Adagp, Paris. Foto ©jcLett