Con ampia partecipazione di un pubblico di studiosi, giovani ricercatori, dottorandi e studenti, si è svolto a Catania, il 15-16 novembre 2019, il Convegno Internazionale di Studi Per rima, per prosa. Dante: «Vita nuova» e «Rime», promosso dal locale Dipartimento di Scienze Umanistiche e dal Gruppo Dante dell’Associazione degli Italianisti italiani.
Si era da tempo distinto, l’Ateneo di Catania, negli studi danteschi: con le manifestazioni promosse dalla Facoltà di Lettere e successivamente dal Dipartimento di Scienze Umanistiche, per iniziativa di Nicolò Mineo e di Sergio Cristaldi. In primo piano, fra le varie attività, la Lectura Dantis Siciliana, ciclo annuale di sondaggi sull’opera dantesca, inaugurato più di venti anni fa. E non potevano mancare, gli studiosi catanesi, al cantiere collettivo che prepara la ricorrenza dantesca del 2021.
A riguardo, ha giovato non poco la sinergia con l’Associazione degli Italianisti. Il convegno Per rima, per prosa si è infatti inserito nel programma elaborato dal Gruppo Dante dell’Adi, in prima fila nella preparazione dell’anniversario dantesco, attraverso una serie di manifestazioni con traguardo finale nel 2021. Ed è un fatto strategico che poli di ricerca distinti possano trovare una convergenza, superando il particolarismo e la frammentarietà che non sono rari nel settore umanistico.
Su Dante, i lavori non conoscono battute d’arresto. E hanno offerto, in questi ultimi anni, una serie di edizioni critiche e di importanti edizioni commentate. Non si può certo dire che questo capitolo sia chiuso: permangono non pochi problemi, relativamente al testo critico e persino all’autenticità di alcune opere dantesche. Ma all’indomani delle edizioni e dei commenti di cui sopra, era indispensabile che l’esercizio critico affiancasse la filologia, proprio per valorizzarne i risultati, assumendoli a base di un rinnovato impegno ermeneutico. Il convegno Per rima, per prosa si è collocato su questa direttrice, secondo l’intenzione del Comitato scientifico costituito da Agnese Amaduri, Sergio Cristaldi, Antonio Di Grado, Nicolò Mineo.
Il versante relativo alla Vita nuova è stato indagato nei suoi diversi aspetti. Alla dimensione autobiografica si è rivolto Andrea Battistini (Vita dell’artista da giovane. La «Vita nova» tra autobiografia e letteratura), caratterizzando il profilo dell’io medievale, non empirico ma universalizzato, e misurando, nel libello dantesco, la dialettica fra aderenza al vissuto e attenzione alle regole del genere. Stefano Carrai (La «Vita nova», Virgilio e lo stile che fa onore. Ipotesi su un enigma dantesco) ha individuato nell’operetta giovanile il termine di riferimento del «bello stilo» di Inferno I, sintagma che non può alludere alle canzoni morali, dove l’impronta virgiliana è poco sensibile, ma implica il primo libro dantesco, che a Virgilio fa notevole spazio. Da parte sua, Enrico Fenzi (La «Vita nuova» come romanzo di formazione) si è soffermato sulla dimensione temporale del libello, che supera la pura posizione lirica, con la sua descrizione di uno stato, e accede a un processo di trasformazione del soggetto, immettendo nella poesia occidentale un qualificante elemento dinamico. Alla varia gamma dei paradigmi religiosi si è dedicato da parte sua Giuseppe Ledda (Modelli biblici e agiografici nella «Vita nova»), accertando l’incidenza di Paolo, dei Salmi, delle Lamentationes dello pseudo-Geremia, non senza scendere fino agli esempi agiografici del Medioevo, fra cui anche un Boezio percepito quale santo e auto-agiografo.
Ha proseguito questa verifica Nicolò Maldina («Vita nova» e dimensione biblica), segnalando due linee complementari, quella elegiaca, afferente all’Antico Testamento e in particolare alle Lamentationes, e quella cristologica, desunta invece dai Vangeli. A collegamento, l’interpretazione cristologica delle Lamentationes. Per Sergio Cristaldi (Narrazione causale e narrazione simbolica) il nesso causale tra gli avvenimenti vige, nella Vita nuova, soprattutto all’interno dei singoli episodi, molto meno tra episodio ed episodio, dove subentra spesso un collegamento di tipo simbolico, che riqualifica alcuni fatti come prefigurazioni e annunci della morte di Beatrice.
All’inchiesta sulle Rime ha dato il via Natascia Tonelli (Le rime di Dante satellitari ai libri della «Vita Nuova» e del «Convivio»), soffermandosi sulle quindici canzoni distese. La sequenza in questione non corrisponde a quella delle canzoni del Convivio: si può presumere che nasca dall’abbandono del trattato e costituisca un libro di risulta. Su una delle più significative canzoni dottrinali ha fatto luce Paolo Falzone (La canzone «Amor che movi» nel quadro della riflessione dantesca), evidenziando il ridimensionamento del soggetto e l’attribuzione ad Amore di un potere illimitato, per cui gli amanti non sono più agenti responsabili, ma rientrano in una cornice deterministica. Attenta all’incidenza del modello dantesco sui Rerum vulgarium fragmenta Loredana Chines (Motivi e forme del Dante lirico nel Canzoniere petrarchesco): non solo Petrarca conosce per tempo la Commedia, ma con tutta probabilità prende contatto precocemente anche col Dante lirico, apprezzando specialmente le petrose. Sulle due grandi canzoni dedicate alla Donna Gentile si è invece soffermato Marco Grimaldi (Sulle canzoni del «Convivio»), valutando la dialettica fra lettera e allegoria: sebbene Dante, nell’auto-commento, ponga come originario e imprescindibile il senso allegorico, va verificata la possibilità di una spiegazione unicamente letterale.
Un ponte tra l’estrema produzione lirica e l’avvio (o un nuovo avvio) del capolavoro ha gettato Alberto Casadei (Dante, 1307: tra «Convivio», «Montanina» e (re)inizio del poema). La “Montanina” dissolve l’orizzonte d’attesa di quei lettori che attendevano il Convivio: sta ormai maturando, o tornando alla ribalta, il progetto della Commedia. Un bilancio dei lavori ha infine tracciato Nicolò Mineo, ripercorrendo analiticamente i diversi contributi e tentando una prima valutazione d’insieme, non senza promettere la prossima pubblicazione degli Atti.