e sempre di mirar faceasi accesa (Par. 33.99)
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The Smiling Walls. Dante e le arte figurative

The Smiling Walls. Dante e le arte figurative / Dante and the Visual Arts, a cura di Rossend Arqués, Silvia Maddalo, Laura Pasquini, Brepols, Turnhout, 2023.

Prendendo le mosse dagli studi pregressi in materia e dialogandovi criticamente, il volume analizza il rapporto fra Dante e le arti figurative su due versanti. Da un lato vi è l’esperienza estetica in cui Dante affonda le radici della sua immaginazione, in particolar modo quella che gli è derivata da affreschi, opere plastiche e dipinti che può avere conosciuto e contemplato nel corso della sua esistenza; dall’altro, la ricezione artistica del Poema e il suo riverberarsi, soprattutto nelle rappresentazioni di Giudizi universali, nel periodo che va dalla metà del Trecento fino a tutto il Cinquecento.

I ventitré saggi dedicati alla tradizione figurativa della Commedia prima e dopo la sua composizione possono essere dunque concettualmente separati in due sezioni. Sei saggi indagano a fondo le opere, di pittura e scultura, che possono aver suggestionato il poeta, ispirandolo in qualche misura nella scrittura dei suoi versi. Non si può difatti dimenticare che egli visse in un contesto culturale in cui molto del messaggio politico, sociale e religioso era affidato al mondo delle immagini, solo di rado impiegate in funzione meramente decorativa: compito dell’arte, scrive lo stesso poeta nel canto XXVII del Paradiso, era quello di «pigliare occhi, per aver la mente». Possiamo allora ipotizzare che il suo sguardo, così attento a ogni forma d’arte, sia stato lungamente rapito dall’impressionante Inferno a mosaico dispiegato sulla cupola del «bel San Giovanni», il battistero fiorentino che egli avrebbe evocato al verso 17 del canto XIX dell’Inferno; che nel suo peregrinare di corte in corte nel corso del lungo esilio possa aver ammirato il grande Giudizio che ricopre la controfacciata di Santa Maria Assunta a Torcello; che sia stato affascinato a Ravenna dai mosaici tardoantichi e medievali, rutilanti di luce e di colori accesi come i cieli descritti nella terza cantica; che abbia custodito nella sua biblioteca visiva l’immagine potente della lonza e della lupa che si affrontano in un clipeo tra gli affreschi della chiesa di San Pier Scheraggio a Firenze, luogo simbolo del potere cittadino, dove lo stesso Dante, come membro del Consiglio dei Cento, poté tenere memorabili arringhe; che si sia in qualche maniera misurato con la scultura “nuova” dei Pisano e di Arnolfo; che abbia compreso e rimeditato la sfida lanciata da Giotto sulla controfacciata della Cappella degli Scrovegni.

Più numerosi (17) i saggi dedicati alla forte valenza iconica della Commedia e all’eventuale influsso che essa poté esercitare sulle arti figurative contemporanee e successive, in opere generate in qualche caso da una lettura attenta del testo dantesco, ma che più in generale condividevano con quello le medesime suggestioni e fonti e che, specie nella Toscana del Trecento, riflettevano la sua straordinaria fortuna editoriale, testimoniata dai numerosissimi manoscritti, molti dei quali illustrati. Firenze, San Gimignano, Bologna: nel Quattrocento si assiste a una diffusione ‘virale’ della Commedia nella produzione manoscritta, nell’opera dei commentatori ma anche nella pittura monumentale e in quella su tavola che, come nel secolo precedente, continuano a prediligere il tema del Giudizio universale quale tramite per veicolare temi e suggerimenti desunti dal testo dantesco. Gli echi della Commedia percorrono naturalmente la Toscana e l’Emilia ma raggiungono anche regioni lontane dai centri nevralgici della cultura dantesca: la Liguria, il Piemonte, l’Abruzzo, con peculiari interpretazioni del settenario dantesco, di cui nel volume si cercano il motore e le ragioni. Sono declinazioni vernacolari, dal forte carattere didascalico, della poetica dantesca che convivono con esiti tanto dissimili rilevabili negli affreschi del duomo di Orvieto, al valico tra Quattrocento e Cinquecento. L’impetuoso Inferno di Luca Signorelli con le sue “citazioni alla lettera” avrebbe forse ispirato, a quasi mezzo secolo di distanza, il Giudizio universale della Sistina in cui il Buonarroti proponeva una sua personale lettura dell’Inferno, turbando le coscienze dei contemporanei.
Il volume che si chiude col meno noto affresco cremonese di San Pietro al Po, mai correlato alle tematiche dantesche e per questo di singolare interesse, raccoglie in sostanza in un unico contesto i risultati di una serie di ricerche sul tema, facendole dialogare tra loro, incrementandole di stimoli e risultati talora inediti, corredandole di un ricco e accurato apparato illustrativo, di un’esaustiva rassegna bibliografica e di una preziosa traduzione in inglese dei contributi. Lo scopo era quello di fornire una testimonianza incisiva, perseguita attraverso gli strumenti della poetica e dell’arte, opportunamente compulsati, di come Dante vada sempre inteso quale potente collettore culturale di tutto ciò che l’arte, la storia e la società avevano prodotto prima della sua esperienza poetica ed esistenziale; ma soprattutto di come la sua opera, enorme contenitore di immagini e di idee, sia stata capace di riprodursi, di palesarsi, semmai rivisitata, nella cultura artistica dei secoli successivi, riverberando sul nostro presente, e di certo anche sul nostro futuro, tutta la potenza del suo inesauribile, polifonico, messaggio.

Per l’immagine: Anne&PatrickPoirier, Enfer, 2020. Courtesy gli artisti e Galleria Fumagalli. ©Adagp, Paris. Foto ©jcLett.jpeg